PARALLASSE


Sost. s. f. [dal gr. παράλλαξις /parállaxis/ “alterazione, cambiamento”, parola composta da παρα- /para-/ “accanto, al fianco di” e ἀλλάσσω /allássō/ “cambiare”]: spostamento apparente di un oggetto quando osservato da punti di vista differenti. In particolare, in termini quantitativi, con il termine parallasse si indica il valore dell'angolo di spostamento.

Il fenomeno era noto fin dall'antichità. L'astronomo greco Ipparco (II secolo a.C.) fu tra i primi a sfruttare la parallasse in astronomia. Si rese conto che osservando la Luna da due diversi punti della Terra, la sua posizione apparente sullo sfondo delle stelle si sarebbe leggermente spostata. Da ciò si poteva dedurre la sua distanza. Successivamente, Claudio Tolomeo formalizzò ulteriormente il concetto nel suo Almagesto. Ma c'era un limite: le stelle erano semplicemente troppo lontane perché l'occhio nudo (e gli strumenti pre-telescopici) potessero rilevare qualsiasi parallasse. Per secoli, questo fu usato come argomento contro il modello eliocentrico: i critici di Copernico dicevano: “Se la Terra ruota davvero attorno al Sole, dovremmo vedere la parallasse stellare”. Il fatto che non fosse mai stata osservata sembrava una prova schiacciante. La scoperta della parallasse stellare nel XIX secolo da parte di Friedrich Bessel (1838, osservando la stella 61 Cygni) mise finalmente a tacere quell'obiezione e fornì una prova geometrica diretta che la Terra orbita attorno al Sole.

Al di là dell'astronomia, la parallasse svolge un ruolo essenziale nella funzione visiva umana. Quando i nostri occhi sono aperti, il cervello misura continuamente l'ambiente circostante utilizzando il principio del parallasse, consapevolmente o meno. Gli occhi sono distanziati di pochi centimetri l'uno dall'altro, e questa separazione è sufficiente per fornire a ciascun occhio una visione leggermente diversa della stessa scena. Il cervello confronta queste due prospettive, rileva le discrepanze e le interpreta come profondità. Questo fenomeno è noto come parallasse binoculare, che è alla base della percezione dello spazio tridimensionale.


Immagine tratta da rivistaclio.com.


Per osservare questo principio in azione, basta allungare il pollice a distanza di un braccio e chiudere alternativamente ciascun occhio. Il pollice sembrerà spostarsi rispetto allo sfondo. Questo spostamento apparente è il risultato diretto della parallasse. Il cervello umano esegue costantemente e inconsciamente questo calcolo geometrico per localizzare gli oggetti nello spazio. Ciò consente di svolgere compiti spaziali essenziali come prendere una palla, versare un liquido in un bicchiere o infilare un ago.

Questo principio è stato compreso da tempo dagli artisti visivi. L'invenzione rinascimentale della prospettiva lineare nella pittura era essenzialmente un tentativo di simulare la profondità su una superficie piana, compensando l'assenza di parallasse binoculare. Nel XIX secolo, gli stereoscopi hanno ulteriormente sviluppato questa idea presentando fotografie leggermente sfalsate a ciascun occhio, ingannando il cervello e facendogli percepire la profondità. I moderni visori per la realtà virtuale si basano sullo stesso meccanismo, sebbene implementato attraverso l'elettronica avanzata.

La parallasse gioca anche un ruolo chiave nel modo in cui le diverse specie percepiscono il loro ambiente. Gli animali predatori come i gatti o i gufi hanno occhi rivolti in avanti con campi visivi sovrapposti. Questa configurazione massimizza la parallasse binoculare e quindi la percezione della profondità, fondamentale per valutare con precisione la distanza dalla preda. Al contrario, gli animali da preda come i conigli o i cavalli hanno tipicamente gli occhi posizionati lateralmente sulla testa, offrendo un campo visivo panoramico a scapito di una percezione stereoscopica precisa della profondità. In questo senso, la geometria cranica definisce la strategia di sopravvivenza.

Sebbene la parallasse sia spesso associata alle misurazioni astronomiche delle distanze stellari, il suo ruolo più immediato e fondamentale si manifesta nella percezione umana. Ogni esperienza visiva è composta da due immagini leggermente diverse, integrate perfettamente dal cervello in una rappresentazione tridimensionale coerente del mondo.


Misurazione della distanza stellare
mediante parallasse.
Immagine tratta da
sci.esa.int.


Ciò che rende il parallasse un concetto così duraturo è la sua eleganza. Con nient'altro che la geometria e uno spostamento della prospettiva, è possibile misurare i cieli, percepire la profondità o ingannare l'occhio. È sia uno strumento scientifico che un effetto estetico, che affonda le sue radici in un'antica parola greca che significava semplicemente “cambiamento”. A volte, per comprendere il mondo, o per vederlo in tre dimensioni, basta uno sguardo di traverso.

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