SABBA
Nel XV secolo, inquisitori e demonologi diffondevano descrizioni raccapriccianti di questi raduni. Parlavano di streghe che viaggiavano su scope, trasportate da demoni o dal diavolo sotto forma di capra, oppure che si ungevano con unguenti allucinogeni - belladonna, giusquiamo, mandragora - che davano l'impressione di volare. Nel luogo prestabilito, spesso immaginato come un prato remoto o la cima di una montagna, si univano in una festa sfrenata sotto l'autorità del Diavolo, che appariva sotto forma di capra. Lì danzavano in cerchio, banchettavano con abbandono e mettevano in atto rituali che rappresentavano i sacramenti cristiani alla rovescia: una parodia nera della messa, un battesimo blasfemo, una comunione grottesca. Si diceva che orge, patti con Satana e il culto del caprone segnassero il culmine del sabba.
La geografia forniva ulteriore supporto a queste leggende. Nei Paesi Baschi, il luogo di incontro delle streghe era chiamato akelarre, letteralmente “il prato del caprone”. In Germania, il sabba assumeva la forma della Walpurgisnacht, celebrata sul monte Brocken della catena montuosa dell'Harz. In Italia e in Svizzera, si credeva che le alte valli e le cime alpine fossero infestate dai raduni delle streghe, mentre in Scandinavia si diceva che le streghe volassero a Blåkulla, la misteriosa “Collina Blu”. Sebbene non esistesse un paesaggio comune a tutte le tradizioni, l'idea di un luogo elevato e liminale, al di fuori della portata della vita ordinaria, era costante.
Se tali incontri abbiano realmente avuto luogo è una questione diversa. Gli studiosi oggi interpretano il sabba come un costrutto culturale piuttosto che un evento storico, una miscela di ricordi popolari di antichi riti di fertilità, visioni oniriche indotte da erbe e le ansie di un immaginario clericale ossessionato dall'eresia e dal peccato. Il sabba era una proiezione: una fantasia di piacere proibito, un incubo di disordine sociale e una comoda sceneggiatura attraverso la quale le autorità potevano accusare, interrogare e condannare.
Eppure il mito si rivelò fertile per la cultura. Nell'arte, El aquelarre (Il grande caprone) di Goya presenta una visione cruda del raduno delle streghe, dominato dalla figura incombente di un diavolo con la testa di capra che presiede i partecipanti terrorizzati. Nella musica, la Symphonie fantastique di Berlioz culmina in un "Sogno di un sabba delle streghe”, dove risate grottesche e il Dies Irae si fondono in una danza macabra. Anche in tempi moderni, il nome permane nella cultura popolare - dai romanzi e dai film alla band heavy metal Black Sabbath - come sinonimo di proibito, notturno e sovversivo.
Dal punto di vista psicologico, il sabba funzionava come un carnevale-ombra, un luogo in cui i valori della vita ordinaria venivano ribaltati. Era una fantasia di liberazione, che indulgeva nel proibito, ma anche uno strumento di repressione, usato per colpire le donne in certi ruoli e situazioni nella società: levatrici, guaritrici, vedove o qualunque donna la cui indipendenza destasse sospetti. Credere nel sabba significava ammettere che da qualche parte, lontano dagli occhi, il mondo era capovolto. Accusare qualcuno di parteciparvi significava sorvegliare i confini della conformità.
Commenti
Posta un commento