FORASIEPE
L’etimologia è chiara: "forasiepe" nasce dalla fusione di fora (“trafigge, buca”) e siepe. Chiunque abbia osservato uno scricciolo per più di dieci secondi capisce immediatamente perché. Questo minuscolo uccello bruno, dal corpo tondeggiante e dalla coda perennemente sollevata, ama muoversi tra i cespugli con velocità sorprendente, scomparendo e riapparendo tra i rami come un piccolo dardo piumato. Non vola: trapassa. Non si posa: sfreccia. È davvero un “fora-siepi”, un ago vivente che cuce e scuce il bordo dei boschi.
Forasiepe, altro nome dello scricciolo comune
(Troglodytes troglodytes).
Immagine tratta da sfumaturevarie.it.
Il nome più comune, scricciolo, deriva invece da una radice onomatopeica che richiama i suoi versi secchi e metallici: una sorta di tic-tic, tret-tret che tradisce l’energia inesauribile dell’animale. Ma il canto vero e proprio del maschio, soprattutto in primavera, è tutt’altro che modesto: un’esplosione rapidissima e articolata di note, sorprendentemente potente per un uccellino grande poco più di una noce.
Dal punto di vista naturalistico, lo scricciolo è un autentico personaggio. Vive fra roveti, siepi, boschi umidi, scarpate, e fitti giardini. Ama i luoghi intricati, dove può infilarsi in ogni anfratto con l’agilità di un topolino e la sfacciataggine di un attore da palcoscenico. Costruisce nidi globosi e nascosti, spesso coperti da un tetto di foglie o incastonati in cavità naturali: un piccolo architetto della discrezione.
Nella cultura popolare europea, questo esserino indomito gode di una reputazione sorprendente. I Celti lo consideravano il “re degli uccelli”, non per la grandezza, ma per l’astuzia: secondo un’antica leggenda, vinse una gara di volo sfruttando l’aquila come “passaggio” e arrivando più in alto di tutti. Anche qui, dunque, l’idea del forasiepe si conferma: minuscolo, sì, ma geniale nella strategia e inesauribile nell’audacia.
In definitiva, forasiepe non è soltanto un nome alternativo dello scricciolo: è un piccolo ritratto in una sola parola. Una parola che racconta un modo di muoversi, un carattere, una presenza discreta ma vivacissima nel paesaggio italiano. È uno di quei casi – oggi sempre più rari – in cui la lingua popolare riesce a fotografare con precisione poetica il comportamento di un animale.
E così, mentre lo scricciolo continua a bucare siepi e a lanciare i suoi canti sorprendenti lungo i margini dei nostri boschi, "forasiepe" resta lì, a ricordarci che anche le parole, come gli uccelli, sanno volare leggere, rapide e perfette.
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