KANDINSKIJ
Nel 1896 si trasferì a Monaco di Baviera, allora uno dei centri più dinamici della vita artistica europea. Studiò all’Akademie der Bildenden Künste e si inserì rapidamente nell’ambiente artistico locale, fondando il gruppo Phalanx e, più tardi, nel 1911, Der Blaue Reiter insieme a Franz Marc. Il nome rifletteva semplicemente le loro passioni: Kandinskij aveva un particolare attaccamento al colore blu, mentre Marc era affascinato dai cavalli. In questi anni Kandinskij passò gradualmente da un linguaggio figurativo a composizioni in cui le forme sembrano dissolversi, fino a giungere al Primo acquerello astratto del 1910 spesso considerato come la prima opera puramente astratta dell’arte moderna.
La sua spinta verso l’astrazione era profondamente legata alla sinestesia che diceva di possedere. Affermava infatti di “vedere” i colori come suoni e di “udire” i suoni come colori. Nel suo vocabolario personale, il giallo richiamava la nitidezza di una tromba, mentre il blu evocava la profondità di un basso. I suoi dipinti erano, in senso letterale, composizioni o improvvisazioni. Questa fusione sensoriale alimentò non solo la sua opera pittorica, ma anche la sua riflessione teorica, che ebbe un impatto enorme sull’arte moderna. Nel 1911 pubblicò Über das Geistige in der Kunst (Lo spirituale nell’arte), un manifesto in cui sosteneva che la pittura dovesse esprimere una necessità interiore e spirituale, elevando forma e colore al di sopra della mera rappresentazione materiale. Più tardi, in Punto, linea, superficie (1926), analizzò con rigore quasi scientifico il potenziale espressivo degli elementi grafici più elementari.
Vasilij Kandinskij, On White II (1923),
olio su tela, 105 × 98,5 cm.
Musée National d’Art Moderne, Parigi.
Dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale rientrò in Russia, ma nel 1922 tornò in Germania, dove entrò a far parte del Bauhaus, la scuola d’avanguardia che mirava a unire arte, artigianato e tecnologia moderna. Il decennio trascorso al Bauhaus segnò un’evoluzione verso composizioni più geometriche e disciplinate, in cui forme, linee e colori venivano organizzati con una precisione quasi architettonica. Questa fase si interruppe bruscamente nel 1933, quando il regime nazista chiuse la scuola e bollò l’arte moderna come “degenerata”, costringendo Kandinskij a lasciare nuovamente il Paese.
Si stabilì a Parigi, dove visse gli ultimi anni della sua vita. Qui il suo stile cambiò ancora una volta: la geometria del periodo Bauhaus si ammorbidì in forme biomorfe fluttuanti, simili a cellule, organismi e strutture microscopiche. Queste opere parigine hanno un carattere più leggero e libero, come se l’artista si fosse rivolto verso un mondo più intimo e organico.
Nonostante i diversi mutamenti stilistici, alcuni elementi rimasero costanti. Kandinskij trattava il colore come una forza viva, considerava la forma un mezzo per esprimere una necessità interiore e affrontava la pittura con la struttura mentale di un teorico alla ricerca della sua grammatica nascosta. La sua eredità è immensa. È comunemente riconosciuto come uno dei primi artisti ad aver creato opere completamente non oggettive e contribuì a legittimare l’astrazione come una direzione fondamentale dell’arte moderna. La sua influenza toccò non solo i pittori, ma anche designer, architetti e generazioni di studenti formati attraverso il suo insegnamento al Bauhaus.
Al di là del suo ruolo nella storia dell'arte, Kandinskij resta una figura intellettualmente interessante. Era un ex giurista irresistibilmente attratto dal colore, un pittore che ragionava come un compositore e un teorico convinto che l’arte potesse rivelare l’architettura spirituale dell’esperienza umana. La sua opera continua ad avere estimatori perché si colloca al crocevia tra sensazione e pensiero, intuizione e struttura, quasi come un intero universo fondato sulla convinzione che il colore e la forma possano parlare un loro linguaggio autonomo e profondo.
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